“…la differenza culturale non è una deviazione ma un dato di fatto altrettanto “umano”, altrettanto imprescindibile quanto l’esistenza del cervello, del fegato o dei reni.” (Nathan, 1996)
Quanto influiscono le differenze culturali nella presa di accordi in vista di una separazione?
Questa è la domanda che mi sono posta mentre conducevo il percorso di mediazione familiare di A. e G.
A. uomo di origini calabresi mentre G. donna slovacca.
Lui dal temperamento focoso, talvolta aggressivo. Per A. la famiglia è un luogo sacro.. motivo di profondo orgoglio.
Lei pacata, razionale, sempre lucida ed attenta. Contenuta nell’espressione dei suoi sentimenti.
Nel suo Paese d’origine ha vissuto la guerra, la povertà ed infine ha attraversato la morte di entrambi i genitori.
Modi di comunicare ed esprimersi completamente differenti.
Valori simili ma interpretati, percepiti e vissuti con modalità, attitudini ed intensità diverse.
Oggi le relazioni di coppia interetniche sono sempre più comuni.
L’etnia, ovvero il contesto sociale e culturale in cui cresciamo e viviamo non è un elemento che definisce in modo secondario la persona.
La cultura struttura il funzionamento psichico, la percezione del mondo, la capacità di adattamento, ma anche il modo di sentire emozionalmente la vita, dando senso all’esperienza umana. (C. Mazzoleni, 2018)
La cultura condiziona ed induce a ritenere “oggettivamente vero” il nostro modo di interpretare, valutare e comprendere il mondo ( L. Cattaneo, 2006 ).
Pertanto, il mediatore familiare è chiamato a predisporsi all’ascolto ed alla comprensione delle diverse tradizioni culturali ed etniche per far in modo che il suo approccio non sia dominato dai suoi valori personali, dai suoi modelli sociali, da stereotipi e pregiudizi.
Siamo umani ed è normale che nel momento in cui veniamo a contatto con delle persone e con le loro storie personali proviamo delle sensazioni che ci portano a simpatizzare per l’uno o l’altro.
Per tale motivo è necessario non solo osservare ed ascoltare la coppia ma anche sentire cosa succede dentro di noi. Fare i conti con se stessi e chiedersi con onestà:
Perchè quelle parole o quei modi di fare mi hanno infastidito?
Cosa ha risvegliato in me quel discorso o quel vissuto?
Tale attenzione su di se consente di evitare eventuali proiezioni.
Ciò è da farsi a prescindere che ci si rapporti con una c.d. “coppia mista” o meno.
E’ importante, dunque, stabilire equivicinanza/equidistanza rispetto alle parti per far sì che si formi uno spazio neutro ed imparziale dove, nonostante le difficoltà, le divergenze ed il dolore della separazione, si ricerchi il comune ideale.
Il comune ideale è quello spazio terzo rispetto alla relazione di coppia che consente di uscire dalla dinamica conflittuale e competitiva per costruire una nuova forma di interazione in cui è possibile sperimentare l’altro come alleato e non come nemico nella cura di chi hanno generato.
Questo al fine di portare in salvo il legame genitoriale e consentire ai figli di accedere ad entrambe le stirpi dei genitori, in modo da non costringerli a scegliere una delle due, sacrificando così una parte di se stessi.